Italia: morire nei campi per € 3,00 l’ora

Il ritorno della schiavitù moderna in Italia? O forse la schiavitù non è mai scomparsa.

Una schiavitù che in tempo di crisi non riguarda gli immigrati ma anche italiani di ogni sesso, età e ceto sociale. Una piaga, il più delle volte mortale che dovrebbe essere debellata dalle autorità ma purtroppo non si fa ancora molto.

Giovanna (Nome di fantasia), una donna di più di 60 anni che ha trascorso oltre 40 anni della sua vita a lavorare nei campi agricoli della Puglia: “Meglio pochi soldi, maledettissimi e subito”.

Schiavitù_moderna
Schiavitù_moderna

Questo il suo pensiero durante le 6 o 7 e anche 10 ore al giorno di duro lavoro.

In inverno (Se non piove) con le arance e mandarini (Si inizia alle 7 del mattino) mentre d’estate i pomodori, le melanzane e i peperoni (Inizio alle 5 del mattino).

Non si sente “sfortunata” ma si preoccupa per le sue altre “colleghe”: “E sono fortunata, perché sono in regola e sono arrivata alla pensione. Tante altre donne non so se ce la faranno”.
La pelle bruciata dalle ore trascorse sotto il sole a lavorare, mani consumate dal tempo, però i suoi occhi emanano una forza instancabile di una donna del Sud che non si è arresa al destino e ha combattuto per vivere in maniera dignitosa.

Ogni 3 mesi le è rinnovato il contratto di lavoro con regolari buste paga giornaliere per 6 ore e 40 minuti di lavoro al giorno per una paga netta di oltre 50 euro ma solo sulla carta perché nella realtà è diverso come afferma lei stessa: “Si, sulla carta in realtà devo lavorare almeno tre giorni per arrivare a quella cifra”.

Alla fine prende solo 3 euro l’ora più i contributi, mentre senza la paga è di 4 euro e 40 centesimi e naturalmente non esistono ferie ma solo la malattia, visto che paga tutto l’Inps.

Schiavitù_2
Schiavitù_2

Giovanna continua a raccontare la sua vita nei campi:Il lavoro è duro, ma c’è sempre, estate e inverno. Se hai bisogno lo fai. Ho visto gente di tutte le età venire in campagna, ragazze minorenni e uomini anziani. Gli uomini fanno lavori più duri ma vengono pagati meglio. Arrivano a prendere 40 euro al giorno. A noi spetta la raccolta. Loro lavorano coi trattori e si occupano di mansioni in cui serve più forza e prestanza fisica”.

Quindi nei campi la disparità di trattamento tra uomini e donne è ancora forte ma tutti uguali il giorno di paga una volta a settimana.

Lavoro molto duro e salario da fame: “Puoi prendere anche 200 euro in un solo colpo, se sei fortunata e hai potuto lavorare sodo, ma non è sempre così: dipende dal tempo e da quanto lavoro c’è da fare. Tante volte sono meno di 100 e ci devi campare 8 giorni, tu e la famiglia” e anche in questo settore con il passaggio dalla lira all’euro il salario orario è stato dimezzato.

Oltre a Giovanna, ecco la storia di Chiara (Altro Nome di fantasia) che affermaDevo lavorare per forza”.
Un’altra storia di duro lavoro. 
Lei ha 42 anni con 2 figlie da crescere e un marito che ha abbandonato la famiglia tempo fa e la prima preoccupazione è per le figlie: “Le mie figlie non vedranno mai la terra, gliel’ho promesso. Ma devono studiare, e mandarle a scuola costa. Almeno ora non pago il passaggio per arrivare al campo, prima c’era il ‘caporalato’ e il trasporto sul pulmino mi costava più di quanto percepivo”.
Anche Chiara, come Giovanna percepisce 3 euro l’ora con i contributi: “Mi pagano con assegni regolari che corrispondono a quanto dovrei percepire sulla base della cifra scritta in busta paga. Io devo cambiarli e restituire ai titolari la differenza tra quello che mi hanno dato e la cifra che mi spetta”.

40mila braccianti in terra pugliese che vengono regolarmente sfruttati per pochi euro all’ora in condizioni lavorative disumane.

Tra di loro ci sono quelle persone che non che sono decedute nei campi come Paola, una donna di San Giorgio Jonico nel Tarantino, di 49 anni e madre di 3 figli. 

Il 13 luglio scorso il suo cuore ha cessato di battere. Deceduta sotto un tendone utilizzato per l’acinellatura dell’uva situato nelle campagne di Andria.

Un’altra morte nei campi.
Zaccaria, 52 anni, residente a Fassano, di origine tunisina alle spalle 30 anni come bracciante in Puglia, morto a causa di un infarto sul posto di lavoro il 5 agosto. Zaccaria ha lasciato moglie e 4 figli. 

Un’altra morte nei campi.

Mohamed, 47 anni, di origine sudanese stroncato da un infarto mentre svolgeva il suo lavoro sotto il sole in un campo di pomodori a Nardò (Provincia di Lecce).

Questa volta la Procura di Lecce ha aperto un fascicolo per omicidio colposo nei confronti del presunto caporale, della responsabile della stessa azienda e del marito (Arrestato nel 2012 durante l’operazione “Saber” per sfruttamento e riduzione in schiavitù).

L’operazione è stata coordinata dal Pm Elsa Valeria Mignone insieme dai Ros, guidati dal Colonello Paolo Vincenzoni ha “prodotto22 indagati e 16 arresti con accuse di vario titolo da quella di associazione a delinquere a riduzione in schiavitù, poi tratta di persone, intermediazione illecita con sfruttamento del lavoro, estorsione e falso materiale in atto pubblico e privato e infine anche l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. 
Il processo è ancora in corso ma essendo in Italia, tutti gli arrestati sono tornati in libertà a causa del termine della custodia cautelare preventiva. 
Tutti loro sono rientrati nelle rispettive aziende agricole per continuare a sfruttare la disperazione delle persone come se nulla fosse accaduto.

Fonte: Google News; Il Giornale.

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