Docufilm sui ‘Baci rubati’ durante il Ventennio Fascista

Docufilm sui ‘Baci rubati’ durante il Ventennio Fascista

Docufilm sulla vita segreta degli omosessuali durante il Ventennio Fascista ricordati da Gabriella Romano e Fabrizio Laurenti in programma il 18 ottobre al Florence Queer Festival, dopo essere stato applaudito al 38° festival di Bellaria

La vita e gli amori segreti degli omosessuali nell’Italia Fascista di Benito Mussolini per la prima volta raccontati in un docufilm attraverso le testimonianze raccolte in giro per la Penisola dai due autori dell’opera, Gabriella Romano e Fabrizio Laurenti e curiosamente prodotta e distribuita dal Istituto Luce-Cinecittà, l’ex macchina di propaganda cinematografica fascista.

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In quel periodo l’omosessualità era considerata “un anormale” che “tale essendo cade sotto la giurisdizione del medico”. Non solo, infatti, leggendo un manuale di endocrinologia (1940) si può leggere “Tuttavia sul terreno dell’omosessualità può sorgere la delinquenza: la ragione principale è l’inadattamento dell’individuo all’ambiente”.

A differenza della Germania Nazista, dove gli omossessuali erano marchiati con il ‘triangolo rosa’, arrestati, imprigionati e sterminati nei lager, nell’Italia mussoliniana si utilizzò una ‘gestione’ leggermente annacquata ma non per questo meno cruenta e violenta. Nel 1927 fu respinta la proposta d’inserimento di un articolo nel nuovo Codice Penale per rendere illegale l’omosessualità e solo perché nell’Italia fascista, maschia e virile i gay non erano così ‘diffusi’ per vietarla per Legge.

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Il Regime fascista utilizzò tre ‘armi’ contro la comunità omosessuale italiana: la diffida (avvertimento pubblico); l’ammonizione (una sorta di arresti domiciliari della durata di 2 anni); il confino a Ustica, alle Tremiti e nelle miniere di Carbonia in Sardegna.

É da otto mesi che sospiro la libertà tutti i giorni, in tutte le ore, in tutti i momenti… Quattro lunghi mesi di prigione, pene e vergogne e, di più grave, una manata di fango sul viso di quattro sorelle e tre fratelli e dei miei onestissimi genitori. Perché tutto ciò? (…) Mio padre fece enormi sacrifici per mantenermi in collegio (…) Ora immagini questo Onorevole Ministro il cordoglio del mio amato genitore. Quale disonore per lui!”.

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Molte le testimonianze raccolte per la realizzazione di ‘Baci rubati. Amori omosessuali nell’Italia Fascista’ come quella di Gioacchino (1930): “Entrambi eravamo felicissimi di trovarci ancora [ma poi] viene l’ora di salutarci. Una forte stretta di mano e poi sale sul predellino per baciarmi. Purtroppo per quanto lui si allunghi e io mi abbassi, le bocche rimangono a un palmo di distanza. Non ricordo con precisione cosa dicevamo, ma so che entrambi ridevamo e ci spingevamo con la faccia protesa. [Sul treno c’era un aviere]. Allora con la naturalezza più ardita, l’aviere scelto mi tiene per le gambe mentre io mi getto con mezzo corpo dal finestrino. Le bocche si uniscono, si attaccano assieme, in un bacio assai diverso dall’usuale: non più sulla guancia, come generalmente accade, ma sulla bocca, si schiacciano, una a destra e una a manca. Due indimenticabili baci”.

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