Il San Diego Loyal lascia il campo contro l’omofobia

Il San Diego Loyal lascia il campo contro l’omofobia

Il San Diego Loyal, squadra di calcio statunitense ha abbandonato il campo da gioco dopo gli insulti omofobi ricevuti dal loro giocatore Collin Martin

L’omofobia nel calcio, come il razzismo e il sessismo non è una novità e non solo nei campi europei. Negli Stati Uniti d’America, il San Diego Loyal (in vantaggio di 3 reti) ha lasciato il campo durante la partita di USL Championship che stava disputando contro i Phoenix Rising dopo un’accesa discussione a centrocampo tra l’arbitro e i rispettivi allenatori delle due squadre di calcio.

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Decisione presa dopo gli insulti omofobi rivolti a Collin Martin (San Diego Loyal) unico calciatore apertamente gay ancora in attività. Dichiaratosi gay nel 2018, quando militava nel Minnesota United, negli anni è diventato ambasciatore per Athlete Ally.

Junior Flemmings dei Phoenix Rising avrebbe insultato Collin Martin (26 anni) con la parola ‘Fr*cio’. Il diretto interessato ha però respinto ogni accusa a lui addebitata.

L’allenatore del San Diego Loyal, Landon Donovan ha spiegato la decisione di lasciare il campo: “Ne abbiamo passate tante nell’ultima settimana. La maggior parte delle persone da lontano probabilmente non capisce cosa stiamo vivendo. La scorsa settimana abbiamo avuto un incidente molto duro nella partita di LA, e abbiamo fatto voto a noi stessi, alla nostra comunità, ai nostri giocatori, al nostro club, all’USL, che non avremmo più lasciato passare nessuna discriminazione o cose che non appartengono al nostro gioco. La scorsa settimana il nostro unico rimpianto è stato di non aver fatto qualcosa nel momento in cui Elijah ha subito insulti razzisti”.

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Al The Guardian, Collin Martin ha raccontato la solidarietà della sua squadra.

Ero commosso dalla decisione della mia squadra di lasciare il gioco. La loro scelta di uscire dal campo in solidarietà e rinunciare alla partita la dice lunga sul loro sostegno e su ciò che questa organizzazione sta facendo per combattere le discriminazioni. All’epoca dei fatti volevo però che la partita continuasse. Speravo in una punizione per il giocatore, ma volevo giocare. Tutti i miei compagni di squadra mi hanno detto: ‘Sì, è fantastico, ma se non viene fatto nulla al giocatore, allora dobbiamo prendere una posizione e non giocare’. Ero solo imbarazzato che la mia sessualità avesse qualcosa a che fare con il risultato di una partita, quindi per me è stato davvero un po’ troppo da gestire. Ed ero solo incavolato che avessimo a che fare con questo!”.

Collin Martin al The Guardian

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