Le Foibe e i lager italiani

« La Repubblica riconosce il 10 febbraio quale “Giorno del ricordo” al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale. Nella giornata […] sono previste iniziative per diffondere la conoscenza dei tragici eventi presso i giovani delle scuole di ogni ordine e grado. È altresì favorita, da parte di istituzioni ed enti, la realizzazione di studi, convegni, incontri e dibattiti in modo da conservare la memoria di quelle vicende. Tali iniziative sono, inoltre, volte a valorizzare il patrimonio culturale, storico, letterario e artistico degli italiani dell’Istria, di Fiume e delle coste dalmate, in particolare ponendo in rilievo il contributo degli stessi, negli anni trascorsi e negli anni presenti, allo sviluppo sociale e culturale del territorio della costa nord-orientale adriatica ed altresì a preservare le tradizioni delle comunità istriano-dalmate residenti nel territorio nazionale e all’estero. » (legge 30 marzo 2004 n. 92).

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Foibe

Il Giorno del Ricordo è stato istituito dallo Stato Italiano per ricordare la tragedia delle Foibe e dell’esodo degli italiani dall’Istria. Sul Carso sono presenti delle cavità naturali usate alla fine del secondo conflitto mondiale dai militari jugoslavi per gettarci al proprio interno le persone fucilate e anche vive ‘colpevoli’ solamente di essere cittadini italiani o oppositori al regime del Maresciallo Tito. Il numero esatto delle vittime rimane ancora incerto, si parla di oltre 10mila persone uccise fra il 1943 e il 1947 in Istria e Dalmazia. Questa tragedia ha poi provocato l’esodo giuliano dalmata ovvero l’esodo dalla Dalmazia, dalla Venezia Giulia e da Pola. Esodi di cittadini italiani costretti ad abbandonare con la forza e atti di intimidazione le loro case.

Esule_Giuliana
Esule_Giuliana

Un ricordo dell’esodo dalla Venezia Giulia: « Da Fiume se ne andarono, nel periodo 1946-1954, oltre 30.000 abitanti. Le ragioni di un esodo così massiccio furono di diversa natura… /Si ricorda Bastianuti Diego, Storia del nostro esodo: “La mia famiglia, come tante altre, optò per l’Italia nel 1947 a Fiume, subito dopo riuscimmo a lasciare la nostra città…” » (Boris Gombač: Atlante storico dell’Adriatico orientale (op. cit.)). 

Un ricordo dell’esodo da Pola: « Ricordo il suono dei martelli che battevano sui chiodi, il camion che trasportava la camera da letto di zia Regina al molo Carbon, avanzando tra edifici mortalmente pallidi di paura, e tutti gli imballaggi che si infradiciavano nella neve e nella pioggia. La grande nave partiva due volte al mese, dai camini il fumo saliva al cielo come incenso e insinuava negli animi il tormento sottile dell’incertezza e l’ombra dell’inquietudine; ognuno si sentiva sempre più depresso dall’aria di disgrazia che aleggiava sugli amici che si incontravano per strada. Via via il “Toscana” aveva infornato tutti i polesani…” » (Nelida Milani).

Una festa di unità nazionale? Non proprio. Il caso delle Foibe è una ferita ancora aperta nel nostro Paese. Una vicenda del passato che accende gli animi sia a Destra sia a Sinistra. Chi considera i morti delle Foibe martiri della crudeltà comunista e una vera e propria pulizia etnica contro gli italiani e chi li considera collaboratori del regime di occupazione del regime fascista del territorio jugoslavo.

Qual è stata la causa che armato i militari jugoslavi contro gli italiani?

Come si sono comportati gli italiani durante l’occupazione di quelle terre?

Gli italiani erano dei bravi ‘occupanti’?

Italiani brava gente?

Fascismo uguale Italia?

Durante l’occupazione fascista dei territori della Jugoslavia fu messa in atto una politica anti-slava con lo scopo principale di italianizzare tutti le minoranze ‘’alloglotte’’ (Alloglotto – Chi parla una lingua diversa da quella ufficiale o maggioritaria: gli alloglotti dell’Alto Adige. Cit. grandidizionari.it) comprese quelle germanofone sudtirolesi e francofone valdostane. Nel territorio della Venezia Giulia, il regime di occupazione fascista iniziò a eliminare le istituzioni nazionali slovene e croate, i nomi e cognomi dei cittadini furono italianizzati come nelle scuole dove molti insegnati non italiani furono licenziati o costretti a emigrare mentre i posti nei pubblici impieghi per gli sloveni furono limitati. Tutte queste azioni fomentarono la ribellione e l’odio nei confronti degli italiani, dando origine a gruppi partigiani di liberazione. A questo punto il regime fascista tramite la II Armata (La forza di occupazione fascista di Slovenia e Dalmazia) istituì dei campi di concentramento per civili ecco l’elenco dei sette campi di concentramento tra il 1942 e il 1943:

A Chiesanuova vicino a Padova (in Veneto) dal giugno 1942 nella locale caserma venne attivato un campo di concentramento per civili.

Il campo di Fiume era situato all’interno dell’area della caserma Diaz.

A Gonars a ovest di Palmanova (in provincia di Udine in Friuli) fino al marzo 1942 era attivo il campo POW n. 89 (per ufficiali dell’ex-esercito jugoslavo), dalla seconda metà aprile venne trasformato in campo per internati civili.

A Monigo non lontano da Treviso (in Veneto) dalla seconda metà del giugno 1942 venne istituito un campo di detenzione per civili all’interno della locale caserma.

Sull’isola di Rab (Arbe in lingua italiana), nella baia di S.Eufemia a 6 km dalla cittadina di Arbe, nel luglio 1942 venne realizzato con piccole tende militari, un campo per detenere i civili arrestati durante le operazioni militari in Slovenia e Dalmazia, a causa della saturazione dei campi minori di Laurana, Buccari e Porto Re, situati vicino a Fiume. Solo nel gennaio 1943, in seguito a segnalazioni ufficiali del Vaticano di numerose morti, furono impiantate tende grandi (per 20 persone) e rese agibili le prime baracche di legno o muratura. L’isola, che si trova nel golfo del Guarnero, nel maggio 1941 venne annessa all’Italia insieme all’isola di Veglia e compresa nella provincia di Fiume, che comprendeva l’Istria (oggi in Croazia) ed era retta dal prefetto Temistocle Testa.

 

Campo_concentramento_Rab
Campo_concentramento_Rab

A Renicci (comune di Anghiari, in provincia di Arezzo, nella regione Toscana) era stato reso operante nell’ottobre del 1942 sia il campo POW n. 97 sia un campo di internamento per civili. Qui furono concentrati numerosi prigionieri (selezionati il 6 ottobre 1942: 1.168 a Chiesanuova e 482 a Gonars) per essere impiegati alla costruzione di un tratto di ferrovia in una zona in provincia di Perugia; 7 lire al giorno era la paga (T.Ferenc, Rab, Arbe, Arbissima Ljubljana 2000, p.20).)

Negli altri campi attivi a Castel Sereni, Pietrafitta, Ellero e Tavernelle, vennero smistati parte dei detenuti giunti da Gonars e Chiesanuoa; infatti, questi quattro campi costeggiavano il costruendo tratto ferroviario citato.

A Visco a est di Palmanova (in provincia di Udine in Friuli) viene attivato un campo di detenzione per civili nell’inverno del 1942. (Informazioni prese da criminidiguerra.it).

Secondo lo storico sloveno Tone Ferenc indica nella cifra di 20mila il numero di civili sloveni internati nei campi di concentramento per civili italiani, dati che coincidono con lo studio dello storico italiano Davide Rodogno ma quali erano le cause di morte in questi lager? Denutrizione e malattie.

Campo_Concentramento_Rab_2
Campo_Concentramento_Rab_2

Il campo sull’isola Rab (Arbe in italiano) ha il triste primato di durezza e morti, gestito dal Regio Esercito e non da camice nere di cui il comandante il Generale Gastone Gambara, comandante dell’XI corpo d’armata (Morto senza subire un processo per i crimini commessi) affermò: « Campo di concentramento non significa campo di ingrassamento» (La razione di cibo era di 80 grammi di pane e una brodaglia preparata in ex bidoni di benzina il giorno) e poi: « Internato ammalato uguale internato tranquillo» (Ordina di distribuire della paglia infestata dai pidocchi). Gli internati erano donne, vecchi e bambini! Ecco la testimonianza di Herman Janez, internato all’età di sette anni nel lager sull’isola di Rab:
« Le guardie ogni giorno facevano l’appello di noi ragazzini per poi portarci nella rada di mare antistante al campo e farci fare il bagno. Ci nascondevamo, ma poi questi ci stanavano e ci costringevano ad andare in acqua. Eravamo già deboli, pieni di zecche e di pidocchi, di piaghe purulente, puzzavamo di sterco nostro e altrui, e dopo questi bagni un semplice mal di gola ha portato tanti di noi al camposanto». 

A questo punto entrambi i governi delle nazioni coinvolte in quei tragici eventi bellici dovrebbero smetterla di affermare ‘Noi i buoni, loro i cattivi’ facendo pubblicamente ammenda dei propri crimini di guerra compiuti e riappacificarsi. Purtroppo nessuno ammetterà di essere quello cattivo!

 

Fonte: Criminidiguerra; Wikipedia; Linkiesta;

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