Sardegna Lettera aperta di un cittadino gay 

Sardegna Lettera aperta di un cittadino gay 

Una lettera aperta, di dialogo, di speranza, di denuncia e anche controcorrente nei confronti dei Gay Pride.

Tutto questo in una lettera di un cittadino gay residente a Quartu Sant’Elena (Provincia di Cagliari), inviata al quotidiano L’Unione Sarda.

Una lettera che fa riflettere sulla situazione dei cittadini gay nella provincia italiana.

Gentile redazione,
sono un 43enne residente a Quartu. Ho un buon lavoro, pago regolarmente l’affitto, non disturbo in alcun modo i coinquilini del palazzo in cui vivo. Eppure, pare io porti sulle spalle una colpa che, dai miei conoscenti e vicini di casa, non può essere accettata: sono omosessuale.
Da quando a Cagliari la mia omosessualità è diventata di dominio pubblico si è fatta terra bruciata nei miei confronti. Vivo, insieme con il mio compagno, come un emarginato sociale, vittima di dispetti, cattiverie, calunnie e diffamazione. Ho anche paura, un giorno o l’altro, di perdere il lavoro.
Eppure, quello che io penso, è che nessun essere umano dovrebbe essere giudicato per un aspetto di sé, men che meno per ciò che lo attrae. Perché avere una pulsione non definisce un’identità.
Se negli anni cinquanta non avrei potuto dire di provare attrazione per persone del mio stesso sesso, non è ammissibile che oggi io debba nascondermi, debba avere paura di dire che divido la mia vita con un uomo.
E sono io il primo ad arrabbiarmi quando le associazioni gay si esibiscono in manifestazioni che null’altro sono – a mio avviso – che carnevalate volte, nel rispetto dei diritti di cui loro si ergono a paladini difensori, a far montare ancor più la rabbia e la discriminazione comune verso un modo di essere che, per la stessa semplicità con cui si manifesta, dovrebbe essere invece intimo e, come tale, rispettato.
Penso anche, e ho letto molti commenti in questo senso sulla vostra testata, che se molti gay la smettessero di andare in giro con il fucile spianato alla ricerca di potenziali nemici, in una vera e propria eterofobia su cui forse varrebbe la pena riflettere, magari tutti ne parlerebbero meno, e accetterebbero il nostro status di più.
Sono anche conscio di vivere in un Paese cattolico in cui non è normale vedere due persone dello stesso sesso che si baciano per strada, che si tengono per mano o che vivono assieme.
Ma sono anche conscio del fatto che esiste un solo mondo e una sola natura cui appartenere: quella umana. Ed esiste un solo modo per amare tutto ciò che ci circonda.
Io amo, e lo faccio come solo sono capace. Non chiedo l’approvazione di nessuno, ma chiedo solo di essere rispettato”.
Grazie dell’attenzione
M. M. – Quartu

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