La Prager: Cari LGBTQ+ leggete questo

Qualche giorno fa mi sono imbattuto in questo articolo, pubblicato sul quotidiano Huffington Post Italia, scritto da Sarah Prager in cui parla dei tanti personaggi LGBTQ+ che nel corso dei secoli hanno fatto la storia dell’umanità.

Da Leonardo Da Vinci a Alan Turing per passare anche a visionare i tanti miti mitologici con protagonisti persone LGBTQ+.

Un articolo cha fa riflettere. Leggetelo sino alla fine.

Sarah_Prager
Sarah_Prager

Carissimi,
probabilmente non sapete di essere sacri, reali magici… ma lo siete. Fate parte di una famiglia adottiva che esiste da generazioni.

Molto prima che nascessimo, le persone come noi hanno inventato cose straordinarie. Menti dotate come quella dell’inventore del computer Alan Turing, del grande aviatore Alberto Santos Dumont, continuano a vivere in noi. L’eredità lasciata sulla tecnologia moderna da persone eccezionali come Lynn Conway e Martine Rothblatt (entrambi donne transgender, ancora vive) è innegabile e molti ingegneri moderni seguono le loro orme nella creazione di robot e microprocessori.

Per tornare ai nostri giorni, uno dei co-fondatori di Facebook ha pubblicamente dichiarato di essere gay, così come l’attuale CEO di Apple. Nel corso dei secoli, siamo stati anche delle divinità. Come Ermafrodito (figlio di Hermes e Afrodite). Siamo stati Atena e Zeus, che avevano amanti del loro stesso sesso. In Giappone, si diceva che la coppia al maschile formata da Shinu No Hafuri e Ama No Hafuri avesse introdotto l’omosessualità nel mondo.

Irlanda_Si_Fonte
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La capacità di cambiare il proprio genere sessuale o di rivendicare un’identità che comprenda entrambi i sessi è comune tra le divinità Hindu. L’entità che si dice abbia creato il Dahomey (il regno della zona conosciuta ora come Benin) venne generata quando due gemelli, un uomo e una donna (il sole e la luna) si fusero in un solo essere, qualcosa che oggi chiameremmo “intersessualità”. Le divinità “serpenti” venerate dagli aborigeni australiani, Ungud e Angamunggi, presentano diverse caratteristiche che oggi sono riconducibili all’ identità transgender.

La nostra capacità di superare i confini legati al genere era vista come un dono speciale. Eravamo investiti di ruoli culturali molto importanti. Spesso eravamo sciamani, guaritori, capi di intere società nel mondo. I nativi americani di Santa Barbara ci definivano “gioielli”. Le cronache dei viaggiatori europei, che narravano dei loro incontri con il cosiddetto “Popolo dei due spiriti”, indicano che le attività sessuali tra soggetti dello stesso sesso e l’accettazione di identità non legate al genere binario erano parte integrante della cultura di 88 diverse tribù di nativi americani, inclusi Apache, Aztechi, Cheyenni, Maya e Navajo. Non ci sono testimonianze complete, ma sappiamo che siamo stati parte della vita dei popoli americani.

I nostri antenati erano reali come la Regina Cristina di Svezia, che non solo si rifiutò di sposare un uomo (rinunciando al trono), ma adottò un nome maschile e partì a cavallo per esplorare l’Europa, da sola. Il suo tutore una volta affermò che la regina non “era del tutto una femmina”. Il nostro patrimonio vanta anche Nzinga, sovrano dei Regni di Ndongo e Matamna (attuale Angola), biologicamente donna ma vestita come un uomo, che aveva un harem di giovani uomini abbigliati con le vesti femminili tradizionali.

Anche imperatori come Eliogabalo fanno parte del nostro lignaggio culturale. Sposò sia donne che uomini, era noto per le sue avances a ragazzi e per l’uso smodato di trucco. Diversi califfi di Cordoba, incluso Hisham II, Abd-ar-Rahman III e Al-Hakam II avevano harem maschili. L’imperatore Ai della Dinastia cinese Han, era famoso per la sua “Passione della manica tagliata”. Quando dormiva con il suo Dong Xian, il sovrano preferiva tagliare una manica del proprio vestito per non svegliare l’amante, che ci si era assopito sopra.No_omofobia

Discendiamo da persone che hanno lasciato segni indelebili e tangibili nel mondo dell’arte. Autori influenti come Tchaikovsky, artisti come Leonardo da Vinci, attori come Greta Garbo. I nostri predecessori hanno dipinto la Cappella Sistina, inciso la prima canzone blues e vinto una miriade di Oscar. Erano poeti, danzatori, fotografi. Le persone omosessuali hanno offerto all’arte un contributo inestimabile, così tanto che è stato dedicato loro un intero tour guidato al MoMa di New York.

Abbiamo il sangue di grandi guerrieri, come le Amazzoni, popolo di donne guerriere che avevamo compiti di difesa e poco tempo (o interesse) tra le loro imprese per soddisfare i bisogni degli uomini. I nostri cuori battono coraggiosamente come quelli degli uomini del Battaglione Sacro di Tebe, un gruppo formato da 150 coppie di soli uomini, che nel 4° secolo a.C. erano noti per le loro doti di eccezionali combattenti perché ogni componente si batteva come se stesse lottando anche per la vita del suo amante.

Ma la nostra eredità include anche custodi della pace, come Bayard Rustin, un architetto gay difensore della non violenza, che prese parte al movimento americano per i diritti dei neri.

Abbiamo ridefinito le parole ed il loro significato, creando nuovi termini. Ma solo perché termini come omosessuale, bisessuale, transgender, intersessuale e asessuale sono stati coniati in un passato relativamente recente, non significa che siano concetti nuovi. Prima che iniziassimo ad usarli, eravamo chimati Winkte dagli Ogala, A-go-kwee dai Chippewa, Ko’thlama dagli Zuni, Machi dai Mapuchi, Tsecats dai Manghabei, Omansenge dagli Ambo e Achtutschik dai Knonyaga (si tratta di popolazioni amerindie). Anche se nessuno di questi termini rispecchia a pieno il significato dei loro equivalenti odierni, tutti si riferiscono ad alcuni aspetti dell’amore tra persone dello stesso sesso ed al superamento dei generi tradizionali.

Non siamo una creazione della modernità. La nostra identità non è un trend o una moda passeggera. Quasi tutti i paesi hanno nella loro storia grandi personaggi che, per identità e comportamenti, erano molto simili a ciò che oggi definiamo con le parole bisessualità, omosessualità, identità transgender, intersessualità, asessualità e così via. Ricordate: il modo in cui la cultura occidentale si rivolge alle questioni legate al genere e alla sessualità, non è il modo in cui questo argomento è stato affrontato nei secoli.

Molte culture, dalla Papua Nuova Guinea al Perù accettavano i rapporti tra uomini come parte integrante dei loro rituali della vita quotidiana. In alcune società si credeva che la trasmissione di seme da uomo a uomo avrebbe reso più forte il ricevente. In passato, non avevamo bisogno di ricorrere ad una terminologia specifica per le persone attratte dallo stesso sesso, per chi non rientrava nella tradizionale distinzione tra generi, per chiunque non si conformasse alle aspettative culturali imposte dalla loro identità biologica, semplicemente perché non era qualcosa che veniva percepito come “insolito”, come potremmo pensare oggi.

Essere così unici e potenti genera timore negli altri. Ci hanno arrestati, torturati, uccisi. Siamo ancora condannati da governi e privati nelle società moderne, le stesse che una volta ci conferivano la stessa importanza e gli stessi diritti degli altri membri. Ora ci dicono che “l’omossessualità non fa parte della cultura africana” e che “non ci sono omosessuali in Iran”. Noi sappiamo che queste affermazioni non sono vere, ma fanno male lo stesso.

Quando ci hanno chiamati “finocchi” e “brutte lesbiche” abbiamo rivendicato queste definizioni. Quando ci hanno accusato di “reclutare” i bambini, abbiamo risposto “Siamo qui per reclutarvi tutti!” (si riferisce alle parole di Harvey Milk, politico statunitense militante del movimento di liberazione omossessuale). Quando nei campi di concentramento ci hanno cucito sulle uniformi dei triangoli rosa e neri, li abbiamo resi il simbolo del nostro orgoglio.

Coloro che, oggi, cercano di sfidarci, quelli che vogliono privarci dei nostri diritti, che ci rendono bersagli della loro violenza, non sanno che sono loro a rappresentare “un’anomalia storica”, non certo noi. Stando alla storia, la persecuzione di individui che trasgredivano le regole sessuali della loro cultura era addirittura condannata o, comunque, era molto rara. Oggi, la gente continua ad attaccarci nel tentativo di giustificare le loro spietate campagne appellandosi alla difesa dei valori “tradizionali”. Niente di più distante dalla verità.

Adesso sappiamo che si sbagliano. Immaginate il mondo senza il primo computer, senza la Cappella Sistina, senza una buona parte della musica dalla classica “Appalachian Spring” a YMCA. Il mondo sarebbe molto meno vibrante di colori senza di noi. Vi sono grata perché siete qui oggi, a portare avanti la nostra tradizione.

Allora, buon mese della Storia LGBT. Ecco una lista di risorse online riguardanti la storia LGBTQ un modo per esplorare a fondo il nostro patrimonio.

Lesbicamente vostra,
Sarah Prager.

Questo pezzo si è ispirato in parte al libro “Another Mother Tongue” di Judy Granh (pubblicato nel 1984). Viene citato anche “Ritualized Homosexuality in Melanesia” redatto da Gilber H. Herdt. Grazie al prezioso contributo di Christiann Gadd.

Questo post è apparso per la prima volta su The Advocate, è stato pubblicato suHuffPostUsa ed è stato tradotto da Milena Sanfilippo.

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